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380 ATTO PRIMO

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Punito io son, pria che ascoltato.

Carlo.   Il torvi
Dalle mani la spada, è un porre in salvo
La vita mia, non un punirvi. A tanti
Delitti vostri, convenevol pena
Saria la morte: io la sospendo, e voglio
Udirvi pria. Tempo vi do a scolparvi
Sino a dimani.
Rinaldo.   Io scolperommi adesso,
Se il permettete: è inutil questo tempo
Alla chiara innocenza.
Carlo.   Io non ricuso
D’ascoltarvi pur or.
Florante.   (Prendiamo tempo). (piano a Gano
Gano. Sire, meglio sarà che l’ascoltiate
Con Consiglio di guerra: è a voi ben nota
La legge militar.
Carlo.   Sì, sì; le tende
Qui s’erigano adunque, e qui riposo
Prendano le milizie. A voi, Fiorante,
Dell’insegna regal degno custode,
Consegno il prigionier.
Florante.   Sarà mia cura
Di custodirlo.
Rinaldo.   In peggior man la sorte
Porre non mi potea.
Carlo.   Duce, venite. (a Gano
Vo’ l’esercito tutto in mia presenza
Veder schierato; ad uno ad uno i’ voglio[1]
Veder in faccia i miei soldati; a nome
Li farete chiamar: vecchi o imperfetti
Sian riformati, e i disertori esclusi,
Che chi apprese a tradir, non è mai fido.
(parte Carlo, e Gano lo siegue

  1. Nelle antiche stampe: il voglio.
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