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RINALDO DI MONT'ALBANO 451

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I crudi patti e rei disegni, e quanto

Rinaldo meditò, tutto conferma
La principessa: ma qual maggior prova
Della sua fellonia? Di Carlo in nome
Io gli chiedo la spada, ed ei la niega:
D’ordin[1] del Re salgo il Castello; ed egli
S’oppone audace, e al temerario figlio
Contrastarmi comanda. Alfin, qual prova
Può volersi maggior? La scorsa notte
Padre e figlio crudeli, armati il braccio,
Non fur trovati al padiglion reale
In atto di scagliar l’orrendo colpo?
Io lo vidi pur troppo, e voi, Signore,
Lo vedeste pur anco. Eccovi, o Duci,
Di Rinaldo le colpe: a voi s’aspetta
L’offesa maestà, le leggi offese,
Della patria l’onor, la comun pace
Risarcir, vendicar. Di morte è degno
Chi cotanto peccò: dal voto vostro
Esempio prenderanno i delinquenti.
Così vuol la ragion, così la legge.
Tal sia il voto comun: Rinaldo mora.
Ruggiero. (Questo è troppo soffrir!)
Rinaldo.   (Ma taci). (sempre fra loro
Ruggiero.   (Io muoio
Dal desio di parlar).
Carlo.   V’è chi al già detto
Aggiunger voglia?
Florante.   Sire, io dirò solo,
Che d’un tronco infedel son perigliosi
Anco i perfidi rami, e che se muore
Condannato Rinaldo, ha da morire
Il figlio ancora.
Ruggiero.   Ah scellerato! (s’avanza con impeto

  1. Nelle vecchie edizioni è stampato: D’ordine.
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