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486 ATTO PRIMO

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E ’l nuovo Re d’una vassalla il nodo

Forse ricusaria.
Costanza.   Vassalle tutte
Sono fuor di[1] Costanza. Io di Ruggiero
Sono l’unica figlia.
Matilde.   A voi dovuto
Dunque il trono sarà.
Costanza.   Oh Dio, Matilde!
Matilde. Sospirate? V’intendo. Il vostro cuore...
Costanza. Sì, purtroppo il mio cuor d’amore acceso,
Fra speranza e timor smania e delira.
Matilde. (Ahimè! che sento? Oh Dio!... povero core!)[2]
Costanza. Una ragione di sperare[3] io veggio
Nel mio sangue real. Che mai direbbe
La Sicilia di lui, se posponesse
La figlia di Ruggiero? Io sola posso
Prometter figli di Palermo al soglio
Degni di lui.
Matilde.   Basta, perchè sian degni,
Che sian figli del re.
Costanza.   Ma se la madre
Il talamo avvilisce, indegni sono.
Matilde. Non avvilisce il talamo reale
Donna d’illustre sangue.
Costanza.   In paragone
D’una figlia di re, ciascuna è vile.
Matilde. V’ingannate, signora. Il regal fregio,
Ch’è dono di fortuna, anco talvolta
Cade sovra gli abbietti. Il nobil sangue
È retaggio degli avi, e non s’oscura
Che per opere indegne.
Costanza.   È ver, ma serve
Questo nobile sangue a quel che regna.

  1. Bett.: che.
  2. Bett.: (Ahimè! che sento? Ah gelosia, m’uccidi).
  3. Bett.: da sperar.
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