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102 ATTO QUINTO

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SCENA XII.

Giustino, Eufemia, Polimante e soldati.

Eufemia. Misero! eppur mi duol del suo dolore.

Giustino. Una giusta pietà sempre è virtude.
Eufemia. Come scopristi il grado tuo?
Giustino.   D’Ergasto
Opra è cotesta. Ogni minuta parte
Dell’arcano saprai. Ma torna Augusta,
E con essa il suo sposo.
Eufemia.   Ah! ti rammenta
Ch’è germano d’Eufemia.
Giustino.   Aggiungi, o bella,
Ch’è il monarca d’Oriente e il mio sovrano.

SCENA XIII.

Anastasio, Arianna e detti.

Anastasio. Giustino, eccomi a te. Vieni, e il tuo sdegno

Sazia nel sangue mio. Lo so, codesto
È il trionfo che brami. Io d’evitarlo
Vanamente sperai. Tutti gli amici.
Tutti m’abbandonare, e un sol fra tanti [1]
Non ritrovai, che me seguir volesse [2].
Sopravvissi al dolor, e la sventura
Mi trasse umile al mio tiranno in faccia.
Sù, che tardi? Perchè il [3] vittorioso
Ferro non vibri nel mio sen? [4] Se temi,
Ch’io difender mi voglia, invan lo temi:
Eccoti al suol l’inutile mia spada; [5]
Vieni pure, ferisci, eccoti il petto.

  1. Ms.: frattanti.
  2. Segue nell’autografo: Sopravissi al dolor, per mia sventura; — Passar voleami il sen; ma quest’Ingrata — Ebbe ancora il poter sovra il mio cuore — Di sedurmi, e di trarmi in atto umile — Al mio nemico, al mio tiranno in faccia.
  3. Ms.: quel.
  4. Ms.: al seno mio?’.
  5. Nel ms. c’è punto fermo.
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