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LA SPOSA PERSIANA 145

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Ircana. Curcuma, tu mi uccidi, tu m’empi di dispetto;

Vedrai morire Ircana con uno stile [1] in petto.
Curcuma. Sì, quando al fianco vostro Curcuma non aveste,
E di costei, che vi ama, fidar non vi poteste.
O Tamas vi è fedele, o Fatima sen riede,
O ch’io ben ben lo concio, quando manco sel crede.
In ogni guisa certa io son del vostro bene...
Sentite i gridi, i suoni: ecco la sposa viene.
Ircana. Ah non voglio vederla; ah non fia mai, che a quella
Fia destinata Ircana servir schiava ed ancella.
Al figlio lo protesta, e al genitore istesso;
Dieci siam nel serraglio, d’età pari e di sesso.
Di me conto non faccia[2] meco non usi orgoglio;
Schiava di Tamas sono, donna servir non voglio.
Digli che non mi cale d’esser tra ferree porte;
Che Ircana non paventa onte, minaccie e morte.
partie

SCENA II.

Curcuma sola.

La compatisco in parte, ma in parte la condanno;

Perchè per una sposa prendersi tanto affanno?
Esser vuol sola sola? Un uom tutto per lei?
D’un che ne avesse trenta, io mi contenterei.
Ma Curcuma infelice! la bella età sen vola,
Nè trovo chi mi voglia, nè in compagnia, nè sola.
Quel disgraziato eunuco mi fa sì gran dispetto!
Mi segue e mi tormenta... eunuco maledetto!
Oh se valer potesse delle malìe la forza,
Vorrei di questo viso mutar l’antica scorza,
E liscie ritornando tuttor le carni mie,
Non offrirei per altre usar le stregarie.
Quest’è l’acciecamento di chi ci ascolta e crede:

  1. Ed. Zatta: stilo.
  2. Così l’ed. Pasquali. Le edd. Pitteri e Zatta: facci.
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