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LA SPOSA PERSIANA 169

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Fatima. Ah mi fulmini il Cielo! orrida sepoltura

M’apra quindi la terra, se ciò fia ver.
Tamas.   Spergiura!
Machmut. Fatima, ti allontana.
Fatima.   Pietà!
Tamas.   Parti.
Fatima.   Obbedisco.
Miratemi, signore, m’insulta, ed io languisco, (a Machmut
Soglion le spose in Persia, per gelosia di schiave,
Chieder esse il divorzio,[1] e a me par duro e grave;
Poiché se per destino seco mi sono unita,
Mi han per destino ancora quegli occhi suoi ferita.
Vendetta non domando, vendetta non procuro;
Veleni non conosco, tocco la fronte, e il giuro [2].
Pietà chiedo allo sposo, se invan gli chiedo affetto,
Ecco la sua pietade, m’alza un pugnale al petto.
Morirei pria di dirlo al Muftì[3] o al Divano [4],
Lo dico al genitore, che per il figlio è umano.
Bramo la di lui pace, bramo che mi ami, e viva;
Io morirei più tosto ch’essere di lui priva.
Signor, voi padre siate di me, qual dello sposo;
Nuora non abbandoni il suocero amoroso.
Attenderò il decreto, pene, supplicii [5], e morte;
Tutto, fuor che staccarmi dal mio crudel consorte.
parte

SCENA VII.

Machmut e Tamas.

Machmut. Misera, sventurata!

Tamas.   Colei...
Machmut.   Taci, e m’ascolta.

  1. Nell’ed. Zatta c’è il punto interrogativo.
  2. Maniera che usasi colà di confermare i detti col giuramento.
  3. Il capo della falsa religione maomettana.
  4. Divan-Begnì, supremo Giudice criminale.
  5. Ed. Pasquali: supplizi.
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