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GIUSTINO | 15 |
[[Categoria:Pagine che usano RigaIntestazione|Goldoni - Opere complete, Venezia 1927, XXIV.djvu{{padleft:19|3|0]]
Degli armenti[1] a guidar la coppia[2] umile,
Tardo ti movi[3], e quasi a forza in glebe
La terra a ricompor spingi l’aratro.
Ah I t’inganni[4], se a vil reputi l’uso
Di coltivar la terra. Uomini illustri
Pel valor, per virtù, per gradi eccelsi.
Non isdegnaro colle proprie mani
Le proprie terre[5] fecondar. Di Roma
I consoli superbi avean per uso,
Le clamidi deposte e i consolari
Purpurei fregi[6], ripigliar l’aratro.
Ciò appresi in Corte quando[7] anch’io desioso
Di cangiar stato, cangiai cielo, e vidi
Che sol felice è chi di stato umile
Sa contentarsi.
Giustino. Ah! padre[8], io lo confesso,
Quest’uso vil di guidar bovi al campo
Soffrir non so. Tu lo dicesti: un arco,
Una belva, un cimento, un’asta, un ferro
Fa tutto il mio piacer.
Ergaasto. Non sempre lice
Tutto ciò che diletta. AI quotidiano
Vitto[9] dobbiam pensar. Se tu trascuri
Di coltivar questa che il Ciel ci diede
Poca parte di terra, il pane, il vino
D’onde avrem noi? Vecchio son io[10], nè posso
Reggermi più, nè[11]più mi vale il braccio
A sollevar la diretana[12] parte
Dell’aratro pesante. Anco la voce
Mancami a stimolar gli affaticati[13]
- ↑ Ms.: Degl’armenti.
- ↑ Ms.: copia.
- ↑ Ms.: muovi.
- ↑ Ms.: Ah t’inganni.
- ↑ Così nell’autografo. Nell’ed. Zatta si legge: a fecondar.
- ↑ Ms.: fregi.
- ↑ Così nell’autografo. Nell’ed. Zatte: quand’anch’io.
- ↑ Ms.: Ah Padre.
- ↑ M₂.: Vito.
- ↑ Ms.: son' io.
- ↑ Nell’autografo il ne è senza l’accento, qui e altrove.
- ↑ Ms.: deretana.
- ↑ Ma: gl'affaticati.