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188 ATTO QUARTO

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Fatima. Ohimè!

Osmano.   Figlia?
Fatima.   Consorte? (verso Machmut
Machmut.   Il suocero son io.
Osmano.   Volgiti al genitore.
Fatima. Dov’è lo sposo mio?
Osmano. Pensa alla tua salute, non a quell’alma ingrata.
Curcuma. Con un po’ di marito è bella e risanata.
Fatima. Tamas dov’è? (a Machmut
Machmut.   Non lungi.
Fatima.   Vive? (ad Osmano
Osmano.   Sì, per tuo zelo,
Perchè tu lo salvasti.
Fatima.   Ah benedetto il Cielo.
Benedetta la mano del genitor pietoso,
Che in grazia d’una figlia, ha salvato lo sposo.
Vive poi? Deh signore, Tamas, il caro figlio,
Respira o forse langue[1], è in liberta o in periglio?
(a Machmut
Machmut. Sì, respira, sta lieta.
Osmano.   Ancor l’ami cotanto?
Machmut. Ira ho contro il mio figlio, e tu mi muovi al pianto.
Curcuma. In tant’anni ch’io faccio di custode il mestiero,
Quest’è la prima volta, che vedo un amor vero.
Fatima. Dove son le mie gioje? (a Curcuma
Curcuma.   Son qui, ve le ho serbate.
(Credea fra tanti affanni se le avesse scordate).
Machmut. Itene a riposare. (a Fatima
Fatima.   Tamas?
Machmut.   Non dubitate;
A voi verrà fra poco.
Fatima.   Oh Dio! non m’ingannate.
Padre, suocero, io sono d’amor sì ardente accesa,

  1. Così l’ed. Zatta. Nelle edd. Pitteri e Pasquali leggesi soltanto: Respira o langue ecc.
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