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204 ATTO QUINTO

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Alì. Udite, non è cosa da trascurar cotesta...

Tamas. Parla, amico.
Alì.   La guardia, che ognor fra l’ombre è desta,
Sotto spoglie virili donna trovò fugace.
L’arrestò, la scoperse, ed è Curcuma audace.
Fatima.   Le mie gioje?
Alì. Di gioje seco avea due fardelli,
Con pendenti, smanigli, auree collane, e anelli.
Di Fatima un di questi d’essere ha confessato;
L’altro disse ad Ircana averlo trafugato...
Fatima. Misera Ircana! ah tosto (le mie gemme non curo)
Per le sue si proveda, che involate le furo.
Alì. Son nelle man sicure del Rabadar[G 1] maggiore,
Che non trovando il furto, sarebbe il debitore.
La vecchia al nuovo sole, formato il suo processo,
Pagherà colla morte il gravissimo eccesso;
Poiché per tai delitti il rigor, la fierezza,
Forma la nostra pace, la nostra sicurezza.
Fatima. E non per questo solo la puniranno i Numi,
Ma per i rei disegni, e i perfidi costumi.
Machmut. Orsù, non più di colpe parlisi, owvver di sdegno;
Di renderci giulivi amor prenda l’impegno.
Rinnovisi la gioia, rinnovisi il convito.
Facciasi de’ congiunti e degli amici invito.
Osman, sei tu contento?
Osmano.   Lo sono.
Machmut.   E tu sei lieto? (a Tamas
Tamas. Lieto son io, se il core di Fatima è quieto.
Fatima. Felicità maggiore bramar io non potrei,
Grazie alla pietà vostra, grazie agli eterni Dei!
Esser da[1] sposa amata, ne’ tetti suoi sovrana,


  1. Capo di quartiere in Ispaan, obbligato a invigilare perchè non nascano furti e altri disordini nel suo quartiere.
  1. Ed. Zatta: la.
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