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12 | ATTO PRIMO |
[[Categoria:Pagine che usano RigaIntestazione|Goldoni - Opere complete, Venezia 1927, XXIV.djvu{{padleft:26|3|0]]
Non paventar. (Giustino ed Eufemia si ritirano nel bosco
SCENA III.
Ergasto, poi Amanzio, soldati e guastatori [1] con mannaje.
Riconosca [2] se stesso? lo dalle fasce
Trassi Giustino a pascolar il gregge,
Nè altro d’esser ei sa che vil pastore.
E pur la pastoral vita disprezza,
E aspira a ciò che di lui fora degno [3],
Se qual nacque, ei vivesse. Oh! quante[4] volte
Piango la sua sventura! E pur m’è forza
Simularla e tacer. Nel Ciel io spero[5]
Poter pria di morir svelar l’arcano;
E svelar a Bisanzio e al mondo tutto
Che Giustino è colui... Ma viene il duce;
Che mai vorrà? Cotesti gran signori
Vengono poche volte a far del bene.
Amanzio. Soldati, a voi, troncate d’ogn’intorno
Queste piante importune. Alle capanne
Diasi foco [6], e si rend’atto [7] al grand’uopo
Cotesto sito, ove destina Augusto
L’esercito[8] schierar. (s’avviano i guastatori[9]
Ergasto. Stelle [10], che sento!
Signore, altro non v’è terreno in Grecia
Ove schierar gli eserciti[11] d’Augusto?
Non dico già che alla capanna mia
Si risparmi l’oltraggio. Un vil pastore,
Delle fiere[12] custode, all’età giunto,