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14 ATTO PRIMO

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Dove ascosa è la donna[1]; e il mio Giustino

Dov’è? che fa? Vuo’ rinvenirlo. Oh! giorno[2]
Per me fatale! A che serbarmi in vita,
Giove, sin’or? per tormentarmi? Ah! taci,
Profano labbro. Giove è sempre giusto,
È sempre pio. Sembra talor che opprima,
E benefica l’uomo. Ancora io [3] spero
La mia pace trovar fra’ miei disastri.
Quante volte provai... Ma torna il duce.
Non lo voglio mirar; mi move[4] a sdegno
Il volto di colui. Più volentieri
Tratto colle mie fiere; e veramente
Un uom che di superbia ha il cor ripieno,
È la belva peggior che infesti il mondo. parte

SCENA V.

Amanzio, Eufemia, Giustino [5] e soldati. Giustino colla spada d’Eufemia [6] incalzando Amanzio ed i soldati.

Giustino. No, sin ch’io viva, in tua balìa la donna

Non averai.
Amanzio.   Qual hai [7] ragion, bifolco,
Sovra la principessa?
Giustino.   Io la difesi
Da’ traditori, e vuo’ recarla io stesso
Di Cesare all’aspetto.
Amanzio.   In van pretendi [8]
Cotant’onor [9]. Soldati, il temerario
Si disarmi o si uccida [10].
Giustino.   Io, benché solo,
Di voi tutti non temo, anime vili;
Venite pur.

  1. Nel ms. c’è il punto fermo
  2. Ms.: Oh giorno; e così, più sotto: Ah taci
  3. Ms.: t’.
  4. Ms.: muove-
  5. Ms.: e Giustino.
  6. Ms.: di Eufemia.
  7. Ms.: Qual’al.
  8. Ms.: prettendi.
  9. Ms.: Cotanto onor.
  10. Ms.: s’uccida.
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