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278 ATTO TERZO

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E stupiran dì voi che, si può dir, per nulla,

Scordandovi che avete al fianco una fanciulla.
Abbiate in questa etade che altrui dee dar consiglio,
Voluto in una villa difendere un puntiglio.
Aza. (Amor la fa eloquente).
Alonso.   Mostra di meritarlo,
Chi l’affronto non cura.
Zulmira.   Convien dissimularlo.
In mezzo a giusto sdegno mostrar sereno il volto
Lice talor, se giova.
Alonso.   Tacete, io non v’ascolto.
Aza, gli è[1] tempo ormai che dichiarar vogliate
Se qui restar v’aggrada, o se con noi tornate.
Aza. Verrò con voi.
Zulmira.   Signore, Zilia verrà ancor essa? ad Aza
Aza. Non verrà.
Zulmira.   La lasciate?
Aza.   Zilia non è la stessa.
Zulmira. (Me felice, se è vero).
Alonso.   Andiamo, io vi concedo
Tempo a chiedere onesto agli ospiti congedo.
Zulmira. Uditemi, signore, quando partir vi preme,
(a Don Alonso
Meglio è subito farlo, e che si parta insieme.
Alonso. Amor che qua lo spinse, forse al partir s’oppone;
(a Zulmira
Zulmira. S’ei di partir promise, avrà la sua ragione.
E la ragion la vedo: Zilia che ha il cuore umano,
Cesse al vicino amante, scordatosi il lontano.
Miracolo sarebbe, straniero ad ogni sesso,
Serbar fede all’antico col nuovo amante appresso.
Deterville l’ha servita, la serve e l’innamora,
E ch’ella sia cangiata, dubiterete ancora?
E soffrirete, o padre, che resti un sol momento

  1. Ed. Pitteri: gl’è; ed. Zatta: egli è.
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