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GIUSTINO 27

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Amanzio. Ewi, signore,

Di Vitaliano on orator che brama
Teco parlar[1] alla tua sposa unito.
Anastasio. Venga, ma pria l’esercito su l’armi
Tutto sia posto. Ascolterem costui
Qui all’aperta campagna, ond’ei comprenda,
Che pronti siamo ad incontrar la pugna.
Vanne, e trattieni l’orator frattanto.
Amanzio. (Quando mai si vedrà da questo trono
Scender l’uom vile? Oh trono al mio valore
Meglio dovuto ed al mio sangue illustre!) parte

SCENA VII.

Anastasio, Arianna, Eufemia, Giustino e toldati.

Arianna. Gioia non v’è, non v’è piacere al mondo

Senza la trista compagnia del duolo.
Felice io mi dicea, congiunta teco,
Mio diletto consorte; ecco ad un tratto
La mia felicità cangiar d’aspetto,
Convertirsi in tristezza, e il cor d’affanni
Circondarmi e di pose. Il tuo periglio
Sempre mi sta nel cor. De’ tuoi nemici
Mi spaventa l’orgoglio. Ah![2] se mi lasci.
Come viver potrò? Se a fiera pugna,
Caro, ti esponi, in quai pensier funesti
S’agiterà[3] la dubbia mente? Oh dei!
Come soffrir potrò senza seguirti.
Vederti andar col nudo ferro al campo?
No, soffrir noi potrò. Seguirti io voglio
Dovunque andrai. Anch’io ho valor che basta
Per trattar l’armi, e riparare i colpi
Al petto di colui che di me stessa
È la parte miglior.

  1. Ms.: parlare.
  2. Ms.: Ah se ecc.
  3. Ms.: Si agiterà.
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