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18 ATTO PRIMO

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Anastasio.   No, no, raffrena,

Augusta, d’un amor che non ha pari,
Gl’impeti generosi. Io riconosco
Da questo amor la mia fortuna.[1] Io sono
Grande per te, per te di Grecia il soglio
Premo col piè. Dunque a me sol s’aspetta
Quella metà che a me donasti, e quella
Che tu possiedi[2], dal furor degli empi[3]
Difender[4] e serbar. Tu resta intanto
Sola a regnar, che ben tu sola basti
Il vasto impero a regolar del mondo.
Arianna. Ciò non fia ver. So che far debbo.
Anastasio.   Oh Dei!
Non t’arrischiar...
Arianna.   Vedi; la tua germana
Sembra ch’abbia [5] desio di favellarti.
Anastasio. Eufemia, ond’è che meste oltre l’usato
Fissi [6] a terra le luci?
Eufemia.   Ancor tremante
Son io, signor, dal più fatal periglio,
Non ha guari, sorpresa.
Anastasio.   Oh Dei! che avvenne?
Eufemia. Gente armata assalimmi: i servi miei
Avviliti fuggiro, e sarei preda
Di quegl’empi, se un forte e valoroso
Pastor non difendeami.
Anastasio.   E chi gl’indegni
Furon? [7] Li conoscesti?
Eufemia.   Avean coperti
Colle maschere i volti.
Anastasio.   Ov’è il pastore
Che ti salvò?
Eufemia.   Mira, è colui che vedi.

  1. Nel ms. c’è punto e virgola.
  2. Ms.: possedi.
  3. Ms.: degl'empj.
  4. Ms.: difendere.
  5. Ms.: che abbia.
  6. Ms.: Fisi.
  7. Ms.: Furno?
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