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IRCANA IN JULFA 335

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Scelgano delle merci i generi migliori.

Quel che fa noi Armeni, che dal Persian si estimi,
È l’attenzion che si usa, d’esser mai sempre i primi.
E pochi son coloro, che altrui vendan derrate,
Pria che da noi non rieno o compre, o mercatate.
Zaguro. Schiavi e schiave comprate per la Turchia.
Carico.   Già siamo
Pratici[1] ancora in questo. Ne compreremo. Andiamo.
(parte cogli altri Armeni

SCENA III.

Demetrio, Zaguro, Bulganzar, Ircana che dorme.

Bulganzar. Ho piacer, che partiti sien quegli altri mercanti.

Ircana non à schiava da contrattar con tanti.
Dorme ancor. Vo’ introdurmi. Buon giorno, amici miei.
Zaguro. Che vuol quel nero eunuco? (piano a Demetrio
Demetrio.   Ti saluto. Chi sei?
Bulganzar. Io sono un galantuomo. Ho da Ispaan guidata
Per vendere una schiava.
Demetrio.   Dov’è?
Bulganzar.   Là addormentata.
Sotto virili spoglie per libertà si vela;
Ma la vedrai spogliata, vedrai quel che si cela.
Zaguro. Pria di comprare, amico, schiava non conosciuta.
Sappiasi donde viene venduta o rivenduta.
(a Demetrio
Demetrio. A un comprator sagace l’ammonizione è vana.
(a Zaguro
Chi è colei che tu vendi? (a Bulganzar
Bulganzar.   Il di lei nome è Ircana:
Giovane vaga, ardita, che di virtù si gloria.
Di lei, fin ch’ella dorme, vi narrerò l’istoria.

  1. Ed. Pitteri: Prattici.
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