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22 ATTO PRIMO

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Di non farti arrossir d’un tale affetto.

Che direbbe di te la Grecia, il mondo[1],
Se d’un vile pastor tu fossi [2] amante?
Poiché [3] reso immortale avrà la fama
Il nome di Giustino, il mondo allora
Si scorderà qual egli[4] nacque, e il grado
Mirerà sol dove virtude il pose.
Allora Eufemia amar potrallo, allora
Non vi sarà chi del suo amore ardisca
Rimproverarla. Ah![5] co’ tuoi voti, o bella,
Sollecita la sorte a secondarmi.
Anch’io sento per te qualche favilla
Di foco nel mio sen; ma lo reprimo[6],
Ma noli fomento. Addio, mia principessa;
Forse un giorno dirotti: anima mia[7]. parte

SCENA X.

Eufemia e guardie.

Così parla un pastor? Di tai pensieri

È capace chi nacque in rozza cuna?
Qual portento è mai questo? Ah! che[8] Giustino
Tal non è, qual si dice. Eppur suo padre
È il vecchio Ergasto. È pur questa, in cui sono,
La terra che sovente il mio Giustino
Coltivò di sua mano. Ah! sì, quel Nume,
Che dal nulla creò tante e sì varie
Stupende cose, non avrà potuto
D’alma grande informar rustica spoglia?
Ma che dich’io rustica spoglia? Un solo
Fu di tutti il principio; egual materia

  1. Ms.: Che direbbe di te la Creda, e il Mondo ecc.
  2. Così il ms. Nell’ed. Zatta: fosti.
  3. Ms.: Poi che»
  4. Ms.: qual’egli.
  5. Ms.: Ah co’ tuoi ecc.
  6. Ms.: Di foco nel mio sen. Ma lo repprimo ecc.
  7. Ms.: dirotti: addio, mia cara.
  8. Ms.: Ah che; e più sotto: Ah sì.
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