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GIUSTINO 63

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Arianna. Sì,[1] scarsa mercede

È questa alla pietà che di me avesti.
Mi sanasti le piaghe, e il viver mio
Dell’amor tuo, della tua destra è un dono. parte

SCENA VIII.

Anastasio e Giustino.

Anastasio. (Che udir di più, che più veder potea?)

Giustino. Quanti eventi in un dì! Ma d’Anastasio
Vadasi a rintracciar. Sappia ch’io fui
Della sua sposa il difensor, che a lei
Diedi la vita. Oh quali attendo, oh quante
Prove di vero amor dal cor d’Augusto 1
Eccolo: [2] oh mia ventura! Alto monarca,
Mi concessero i Dei...
Anastasio.   Scostati, indegno.
Giustino. Cesare, a me?...
Anastasio.   Sì, scellerato [3], attendi
Egual pena al tuo fallo.
Giustino.   È fallo dunque [4]
L’aver pugnato, e l’aver vinto?
Anastasio.   Audace,
Non basta no l’aver pugnato e vinto,
Per coprir le tue colpe.
Giustino.   Oh Dei! che sento?[5]
Deh! se la sposa tua...
Anastasio.   Taci, superbo,
E non vantar in faccia mia l’orrore
Del tuo delitto.
Giustino.   (Io son di sasso! Arianna
Odia forse il suo cor?) Signor, s’estinta

  1. Nel ms. c’è il punto.
  2. Nel ms. punto fermo.
  3. Nel ms., qui e sempre: scelerato.
  4. Ms.: adunque.
  5. Nel ms. c’è il punto esclamativo.
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