Questa pagina è stata trascritta e formattata, ma deve essere riletta. |
ATTO TERZO |
[[Categoria:Pagine che usano RigaIntestazione|Goldoni - Opere complete, Venezia 1927, XXIV.djvu{{padleft:68|3|0]]
Anastasio. S’estinta io la volessi,
Poco mi costerebbe [1]. Or l’ira mia
Te sol brama punir.
Giustino. Ma di qual fallo?
Ma in che peccai?
Anastasio. Chiedilo al cor profano;
Egli te lo dirà.
SCENA IX.
Amanzio e detti.
L’inimico a insultar. Vitaliano,
Raccolti i suoi guerrieri, a noi s’avanza
Minaccioso viepiù. Le nostre genti
Pronte sono al cimento, e a invigorirle
Util sarà la tua presenza.
Anastasio. Andianne.
Quest’idra pertinace al fin s’atterri
Una volta per sempre.
Giustino. (Ei riede al campo,
E di me non si cura, e non rammenta
Ciò che feci in suo pro colla mia spada?)
Deh! signor, per pietà...
Anastasio. La pietà tace
Dove parla giustizia.
Giustino. Usa giustizia
Dunque all’opere [2] mìe. Rammenta, Augusto,
Ciò che [3] feci per te.
Amanzio. (Non andò invano
Il colpo ch’io vibrai). Taci, superbo,
Non irritar di Cesare lo sdegno.