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ATTO TERZO

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Giustino.   Oh! saggia,

Oh degna delli Dei fattura eletta!
Tu rinforzi il mio cor; tu quel coraggio
Che mi lasciò delle sventure in faccia,
Rendi all’alma confusa. Al campo io riedo.
Torno a pugnar[1]. Nell’amor tuo confido;
Parla per me; fa che m’ascolti Augusto.
Eufemia. Sì, non temer... Ma che vegg’io? Giustino,
Mira la pugna che ver noi s’avanza.
Sono i nostri respinti. Accorri, e salva
Il mio germano, il tuo signor.
Giustino.   Si vada,
E si muoia [2] glorioso, o l’innocenza
Di Giustino trionfi e il suo valore. parte

SCENA XI.

Eufemia sola.

Ah! fossi anch’io, come a ferir le belve.

Atta a pugnar degl’inimici a fronte!
Compagna del mio ben la stessa sorte
Correr vorrei; ma non mi lice esporre
Tra perigli di guerra il mio decoro.
Ah qual soffre ingiustizia il sesso nostro!
Manca forse il valor, manca la forza
Al nostro braccio? Ah no; se un dì la destra
Stringo del mio Giustin, vestir vuo’ l’armi.
Depor[3] l’umile gonna[4]. A chi ci tolse
L’uso del brando, e la conocchia e il fuso
Poseci nella destra, il torto indegno
Veder farò[5]; pubblicherò io stessa

  1. Nel ms. c’è qui punto e virgola, e il punto fermo dopo confido.
  2. Ms.: mora.
  3. Ms.: Deppor.
  4. Nell’autografo seguono queste parole: e ogn’altro abietto — Femminile ornamento. A chi ci tolse ecc.
  5. Nel ms. c’è punto fermo.
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