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ATTO QUARTO

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Porgendo il collo nostro al duro giogo,

Perdiana la libertade. Ah quanto poco
Dura cotesto inganno! Appena il primo
Foco s’estingue (e ben s’estingue in breve)
Il ver si scopre, e il pentimento è tardo.
10 due volte fui presa al fatal laccio.
Dolce però m’è [1] ancor la rimembranza
Del mio fido Zenone; o sia che imprima
Indelebili piaghe il primo affetto,
O che solo perduto il ben s’apprezzi,
Ita dov’è la pace mia primiera? [2]
Ma il pentirsi è viltà. Sposa son io
Del mio Anastasio. Io l’amo, ed amerollo
Sinché [3] avrò vita, ad onta ancor del suo
Ingratissimo core, e l’amerei
Se morte ancora [4] di sua man mi desse [5].
Dicasi ciò che vuol dal mondo insano
Della nostra incostanza.[6] Io fida sono,
E porterò sin nella tomba ancora
Incorrotta la fè, costante il core. parte

SCENA V.

Polimante solo.

Ma la notte s’avanza [7], e Vitaliano

Non trovo ancora [8]. Il dardo al quale [9] appesi
Il foglio mio, giunse alla meta, e giunse
Con esso pur di questa torre in cima
Il lungo e sottil[10] filo, e al filo appesa
La canape salir vidi pur anco.
L’oscurità di quest’orrida[11] notte

  1. Ms.: mi è.
  2. Ms.: la primiera mia pace?’.
  3. Ms.: Sin ch’avrò.
  4. Così nel ms.; nell’ed. Zatta: ancor.
  5. Così nel ms. Nell’ed. Zatta è atampato: dasse.
  6. Nel ms. c’è punto e virgola.
  7. Ms.: s’avanza.
  8. Ms.: ancor.
  9. Ms.: Lo strale a cui.
  10. Ms.: sotil.
  11. Ms.: questa orrida.
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