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ATTO QUARTO

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Vitaliano.   E darò fede

Ai detti di costui? (a Polimante
Polimante.   Dar puoi ben fede
AI valor di Giustino. Opre egli fece
Troppo insolite al cor d’un[1] vil pastore.
Vitaliano. È vero, è ver; sento che il cor m’accerta
Del grande e caro acquisto. Alle mie braccia
Vieni, invitto germano, e in me perdona
L’involontario error.
Giustino.   Colpe maggiori
Teco ha la mia fierezza; e pur lusingo
Il dolente mio cor del tuo perdono.
Ergasto. Sollevati, Giustino; al braccio mio
Appoggiati, ma il mio tremante braccio
Di sostegno ha bisogno. Voi porgete
La destra a lui, sicché dal suol si tolga.
(Vitaliano e Polimante aiutano Giustino
Vitaliano. Ah ti rendano i Dei l’usata forza.
Vieni meco, Giustino. Io teco spero
Vendicar l’onte mie.
Giustino.   Nell’alma offeso
Sono da’ miei nemici.
Vitaliano.   Uniamo dunque
I nostri sdegni e le vendette nostre.
Ergasto. Uopo ha Giustin di riposar. Venite;
Io condurrovvi [2] in luogo tal che alcuno
Scoprirvi non potrà. De’ vari casi,
Delle varie vicende e delle imprese
Divisate fra voi parlar potrete.
Non andiam però uniti. Il replicato
Calpestìo delle piante altrui potrebbe
Renderci noti. Precedete[3] voi.
Che avete il passo più leggero; e lungo[4]

  1. Ms.: di un.
  2. Ms.: condurovvi.
  3. Ms.: Preccedete.
  4. Il Goldoni aveva scritto dietro, ma poi cassò la parola e vi sostituì: lungo.
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