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GIUSTINO 93

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Anastasio. E assicurar mi puoi, che d’Arianna

Non fu amante Giustin?
Eufemia.   Posso giurarlo
Ai venerati sacri Numi in faccia.
Anastasio. Ma s’io stesso lo vidi...
Eufemia.   E che vedesti?
Un eroe che svenò l’orrida tigre
Che in atto stava di sbranare Augusta.
Un provvido[1] vedesti e fido servo,
Che alle piaghe di lei balsami offerse;
E richiamando i spiriti smarriti
Morte deluse, e ti serbò la sposa.
Che vedesti tu mai? Vedesti Arianna
Che grata al suo benefattor porgea [2]
L’augusta man [3], e all’amorosa cura,
Ch’ebbe di lei, con generosi accenti
Grata rispose, ed innocenti sguardi.
Che vedesti tu mai?
Anastasio.   Basta, che quanto
Dell’innocenza di Giustin più vere
Vo’ le prove apprendendo, il mio rimorso
Si fa maggior.
Eufemia.   Stelle! Di che, germano,
Ti dovrai tu pentir?
Anastasio.   D’aver sì tosto
Condannato Giustino. Egli a quest’ora
Avrà perduti gli occhi[4].
Eufemia.   Oh Dei! Che dici?
Che facesti, inumano? Ed hai potuto
L’innocente punir? Giustin senz’occhi?
Ma no, sento che il cor mi presagisce [5],
Che le belle pupille ancor riserba.
I carnefici suoi, di te men crudi,

  1. Ms.: provido.
  2. Ms.: gli porse.
  3. Ms.: mano.
  4. Ms.: Avrà perse le luci.
  5. Ms.: pressagisce, e più sotto risserba.
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