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cxvi | prefazione. |
[[Categoria:Pagine che usano RigaIntestazione|Gozzi - Le fiabe. 1, 1884.djvu{{padleft:134|3|0]]senilità della Repubblica di San Marco, nè può contentarsi di dire come il Goethe, coll’indifferenza d’un viaggiatore di passaggio: «essa, come ogni altro essere, cede alla forza del tempo.[1]» Il Gozzi l’avverte e, patriotta ardentissimo, si appassiona e si arrovella contro ogni novità, perchè la più piccola pietruzza, che si sgretoli dal vecchio edificio, gli sembra che debba cagionarne la rovina totale.
«Troncai il corso alle Fiabe, scrive il Gozzi,
- ↑ Goethe, Italiänische Reise. Briefe, 29 Septemb. 1786.
- ↑ Opere Ediz. 1772. Tom. VII. pag. 53. Se la piglia sopratutto cogli Abati filosofisti, figurine tipiche del tempo. Cito qualche verso, per darne saggio:
Paragona le oltracotanze della scienza a quella dei Titani, che diedero la scalata al Cielo, e le taccia d’immorale impostura.
«Palesa, Creator, se le lumache
E le rane e le seppie e i polpi ed altre
Tali fatture tue dalle sublimi
Chierche notomizzate, e battezzate
Coll’epiteto raro, che si alletta
E si sorprende, di gelatinose,
Sien forse vegetabili tra noi
Nuotatori e ambulanti, poichè tronchi
E le corna e le code, quasi arbusti
Dall’albero recisi, gli veggiamo
Ripullular di nuovo e non morire.
Necessario è, gran Dio, che tu ’l palesi.
Noi sino ad ora ignari altra scienza
Non avemmo su questo, che ’l condirli
Con olio, pepe, e cinnamomi e aceti
Ed il farne savor, zuppe e insalate,
Ed a tai nostre notomie ignoranti
Ghiotte avevamo le tue chierche al studio
Lodatrici ed assidue....»