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prefazione. | cxli |
[[Categoria:Pagine che usano RigaIntestazione|Gozzi - Le fiabe. 1, 1884.djvu{{padleft:159|3|0]]più pazze fantasie, delle chimere della fiaba e trascinare per ogni guisa lo spirito degli uditori al di là dei contini del reale e del vero. Piacque immensamente al suo tempo ed è forse l’autor comico, il cui genere meglio convenga all’immagizione italiana.[1]» Da quest’opinione si scosta il Sismondi, a cui le opere teatrali del Gozzi non sembrano veramente conformi al gusto italiano. Le ritiene piuttosto una reazione contro i precetti classici; ma piglia talmente sul serio gli incantesimi delle Fiabe da assicurare che gli Italiani non se ne gloriano, perchè, essendo superstiziosi, non voglion apparir tali.[2] Giudizi leggeri e meschini, che dinotano altresì una mediocre cognizione dell’argomento. Migliori e certamente più graziosi e dilettevoli intorno al Gozzi sono i ricami e le amplificazioni romantiche di Filarete Chasles e di Paolo De Musset. «Vedete voi quell’uomo alto, pallido, bruno, dallo sguardo fisso e penetrante, dal passo lento, che nel 1780 porta la maestosa parrucca del 1735, i ciondoli d’oro d’un vecchio Senatore, e i rovesci dell’abito all’antica? Egli abita un palazzo, che casca a pezzi, in una repubblica, che fa altrettanto, e non esce di casa