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prefazione. xlv

[[Categoria:Pagine che usano RigaIntestazione|Gozzi - Le fiabe. 1, 1884.djvu{{padleft:63|3|0]]oltre a questi versi, dico, v’è nel Codice Cicogna un altro sonetto di Carlo, che credo inedito, ed è di questo tenore:

Fegeio[1] alza la cresta e sfida l’orbe
  Dopo la lega sua col Gazzettiere,
  Più non si può rimetterlo a dovere,
  Ei ci minaccia e tien le luci torbe.
Sapete, amici, come se gli torbe[2]
  Quest’arroganza, ch’or ci fa vedere?
  Ditegli questi detti per godere,
  Che gli fien più discari delle sorbe:
Fegeio, l’opre tue fin or son state
  Fetenti e lorde, pazze e di castrone;
  Puolle veder chi non l’ha ben guardate.
Se pel futuro ne farai di buone,
  Diremo: il Gazzettier l’ha tacconate
  O gliel’ha fatte ed avremo ragione.
  Chi cerca la cagione
  D’un stran caso, la trova; ecco trovato
  Lo’mperchè sozio a Erode oggi è Pilato.[3]


Carlo invece non diede mai tregua nè al Chiari, nè al Goldoni, e d’invettive e di satire contro questi due, e principalmente contro il Goldoni, riempì intieri volumi, oltre alle moltissime, che sono inedite. Sarebbe soverchio e stucchevole riesaminare tutta questa farraggine. Non ne dirò

  1. Il nome Arcadico del Goldoni.
  2. Per: intorbida.
  3. Codice cit. Il sonetto di Carlo è sul verso del foglio bianco di una copia di una lettera di Gaspare. C’è di più questa nota: «Sonetto che dal Sig. Abate Delnea potrà essere sparso
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