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liv | prefazione. |
[[Categoria:Pagine che usano RigaIntestazione|Gozzi - Le fiabe. 1, 1884.djvu{{padleft:72|3|0]]
Che il vederem rivolto inverso noi
Con sicumera e con caricatura
A gridar: Ragazzon, che fate voi?
Poeta io son della Madre-Natura....[1]
Il Goldoni ora in una or in altra occasione rispondeva, ma (tanta era la diversità dell’indole di questi due uomini) più schermendosi, che offendendo, più dolendosi dell’ingiusta guerra, che rintuzzando l’ingiuria coll’ingiuria. «Can che abbaia alla luna» è forse la frase più acerba che gli esca contro il Gozzi. Pochi accenni del resto a tali baruffe, trovansi ne’ suoi scritti. In un poemetto intitolato: La Tavola Rotonda[2] introduce:
Un Lombardo che affetta esser cruscante
Col riso in bocca e col veleno in petto,
il quale nega al Goldoni ogni facoltà poetica e dice:
Come si può soffrir che un uomo scriva
Senza il conciossiachè, senza il quandunque?
Per mieter palme all’Apollinea riva
Deesi la Crusca adoperar dovunque.
Non bastan, no, del basso vulgo i viva
De’ sacri allori a coronar chiunque,
E poeta chiamar si puote indarno
Chi le pure non bevve onde dell’Arno.