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154 I Nibelunghi

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185Sifrido distinguea.[1] Lor si apprestaro
Acconci ostelli e di lor vesti ancora
Altri cura si prese; e tanti in quella
Terra allor discendean ospiti in folla,
Che insiem da tutte parti in moto alterno
190Urtavansi fra lor. Già di tornarsi
Ai loro alberghi di Borgogna in core
Avean desire i più gagliardi. Allora
La regina parlò: D’animo grato
Esser vo’ per colui che attorno a’ miei
195Ospiti e a quelli del mio re pur anco
Sappia l’argento mio spartir con l’oro
Che in gran copia posseggo. — E le rispose
Dancwarto allor, di re Gislhero il fido:
  Nobil regina assai, fate ch’io m’abbia
200Cura alle chiavi de’ tesori, ed io
Di spartir sì m’affido. E se, dicea

  1. Lo salutò diversamente, perchè Sifrido si era detto servo di Gunthero, ovvero perchè essa l’aveva conosciuto prima. Intorno a ciò, vedi l’Introduzione premessa da noi al Poema.
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