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266 | I Nibelunghi |
[[Categoria:Pagine che usano RigaIntestazione|I Nibelunghi, Hoepli, 1889, I.djvu{{padleft:337|3|0]]
Gernòt, e già gli eroi[1] si consigliavano
Sul morir di Sifrido. Anche sen venne
D’Ute nobile il figlio, Giselhero.
320Ei, come udì parole, in questa guisa,
Con fedel core ed innocente, disse:
Voi, buoni cavalieri, oh! perchè mai
Fate cotesto? E non merta Sifrido
Odio sì grande inver, perch’ei ne deggia
325Perder la vita. E son leggiere assai
Le cose onde fra lor donne s’adirano.
E dovrem noi bastardi, Hàgen dicea,
Allevar dunque? E sarìa grande onore
Che avrìano in ciò perfetti cavalieri!
330Ma poi che troppo si vantò colui
Per la diletta mia signora, morte
Io vo’ piuttosto, se di lui la vita
Non ne va in ciò. — Disse il re stesso: Nulla
Sifrido fece a noi che anche non fosse
335Cosa buona ed onrata, e dee pur l’uomo
- ↑ Hagen e Gunthero che avevano seguito Brünhilde; vedi più sotto.