< Pagina:I Nibelunghi, Hoepli, 1889, I.djvu
Questa pagina è stata trascritta e formattata, ma deve essere riletta.

I Nibelunghi lxix

[[Categoria:Pagine che usano RigaIntestazione|I Nibelunghi, Hoepli, 1889, I.djvu{{padleft:68|3|0]]E il testo dice: «Io non posso dirvi ciò che là avvenne dipoi, eccetto che cavalieri e donne, e oltre a ciò nobili garzoni, furon visti piangere la morte dei loro cari amici. Qui ha un fine il racconto. Questa dei Nibelunghi è la rovina.» — Nel qual luogo il Cernezzi ha commesso l’errore di fare che siano pianti da cavalieri e donne i garzoni illustri, die edeln knehte, mentre essi sono tra i piangenti. Il testo è chiaro:

wan ritter unde wrouwen weinen man dâ sach,
dar zuo die edeln knehte, ir lieben friunde tôt.

Di tali inesattezze troppo spessi esempi si trovano nella traduzione del Cernezzi, al quale tuttavia non si può togliere il merito e il nobile vanto d’aver per il primo fatto conoscere agli Italiani il poema germanico.

E veniamo alla traduzione del Gabrielli.[1]

  1. La rovina dei Nibelunghi, traduzione dal tedesco di Annibale Gabrielli. Città di Castello, S. Lapi, 1887.
Questa voce è stata pubblicata da Wikisource. Il testo è rilasciato in base alla licenza Creative Commons Attribuzione-Condividi allo stesso modo. Potrebbero essere applicate clausole aggiuntive per i file multimediali.