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466 | I Nibelunghi |
[[Categoria:Pagine che usano RigaIntestazione|I Nibelunghi, Hoepli, 1889, II.djvu{{padleft:107|3|0]]
Tôrli del sire.[1] Wärbel messaggero
Al re così parlò: Re, mio signore,
495I vostri doni, deh! soffrite voi
Che restin qui, alla vostra terra. Noi
Recarli non possiam, chè ciò vietava
Il nostro re, perchè alcun dono mai
Non si prendesse. Anche il bisogno
500è scarso.[2]
Ma del Reno il signor crucciato assai
Era di tanto, ch’ei voleano i doni
Di sì gran prence ricusar. Quell’oro
E quelle vesti sue toglier fu d’uopo,
505Perchè con seco le recasser poi
D’Ètzel a le contrade. E pria che andassero,
Ute volean veder. Gislhèr leggiadro
Da Ute, madre sua, menava allora
Di giga i suonatori, e la regale
510Donna a’ messi dicea che, se Kriemhilde