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[[Categoria:Pagine che usano RigaIntestazione|I promessi sposi (1840).djvu{{padleft:837|3|0]]sione antecedente. Perciò, interrogato se lui Constituto fu il primo a ricercare il detto Commissario... et gli promise quantità de danari; rispose: Signor no; e doue vole V.S. che pigli mi (io) questa quantità de danari? Potevano infatti rammentarsi che, nella minutissima visita fattagli in casa quando l’arrestarono, il tesoro che gli avevan trovato, era un baslotto (una ciotola), con dentro cinque

parpagliole (dodici soldi e mezzo). Domandato della persona grande, rispose: V.S. non vole già se non la verità, e la verità io l’ho detta quando sono stato tormentato, et ho detto anche d’auantaggio.

Ne’ due estratti non è fatto menzione che abbia ratificata la confessione antecedente; se, come è da credere, glielo fecero fare, quelle parole erano una protesta, della quale lui forse non conosceva la forza; ma essi la dovevan conoscere. E del rimanente, da Bartolo, anzi dalla Glossa, fino al Farinacci, era stata, ed era sempre dottrina comune, e come assioma della giurisprudenza, che “la confessione fatta ne’ tormenti che fossero dati senza indizi legittimi, rimaneva nulla e invalida, quand’anche fosse poi ratificata mille volte senza tormenti: etiam quod millies sponte sit ratificata[1].”

Dopo di ciò, fu a lui e al Piazza pubblicato, come allora si diceva, il processo (cioè comunicati gli atti), e dato il termine di due giorni a far le loro difese: e non si vede perchè uno di meno di quello che aveva decretato il senato. Fu all’uno e all’altro assegnato un difensore d’ufizio: quello assegnato al Mora se ne scusò. Il Verri

  1. Farinacci, Quæst. XXXVII, 110.
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