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PREFAZIONE | XI |
[[Categoria:Pagine che usano RigaIntestazione|Idilli di Teocrito (Romagnoli).djvu{{padleft:10|3|0]]presentante. Sia perché, essendo insieme poeta e filosofo, nella sua opera ce ne mostra insieme le basi teoriche e i risultati pratici, sia perché s’impone alla nostra coscienza col linguaggio immaginoso del poeta, imperativo del drammaturgo.
Il tratto, per cui Euripide si distingue piú recisamente dai poeti del passato, è la enorme preponderanza che nel complesso delle sue facoltà presenta il senso critico. Nulla di quanto era sacro e venerato finora nella patria trova grazia dinanzi alle sue pupille acutissime. Numi, semidei, eroi, credenze, imperativi etici, tutto deve passare al traguardo della ragione, deve subire una revisione. Euripide è il razionalista per eccellenza.
Di questo atteggiamento spirituale si vedono chiarissimi i riflessi nella sua vita e nell’arte. Misantropo, misogino, individualista, apolitico, amico della solitudine, della quiete, della campagna, dei libri [1]. E nell’arte, razionalista, realista, indagatore instancabile dell’anima umana, e massime dell’anima femminile, per strapparle i suoi piú gelosi segreti, non tanto ai fini dell’arte, quanto per interesse intrinseco, adoratore della campagna che rappresenta non già solo come sfondo o in pura funzione lirica, bensí al primo piano, vagheggiata, idoleggiata. E poi, curiosità della tecnica, tendenza a valicare i confini della propria arte per invadere quelli della pittura, entusiasmo per ogni novità, per ogni scoperta artistica.
Queste, e molte altre tendenze, oramai cento volte rilevate dai critici, caratterizzano l’opera di Euripide. Con la prontezza fulminea, con la sicurezza e la copia del genio, egli, prevenendo il travaglio dei secoli, tira le somme, e deriva dal nuovo movimento spirituale tutte le conseguenze necessarie ed inevitabili nel campo dell’arte.
- ↑ Rane, 941: τὸ βάρος ἀφεῖλον ἐπυλλίοις καὶ περιπάτοις καὶ τευτλίοισι λευκοῖ- χυλὸν διδοὺς στωμυλμάτων, ἀπὸ βιβλίων ἀπηθῶν.