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Capitolo II.


Dell’opera del Buddha.


La valle del Gange, dove il popolo ario discese, finito il periodo della sua vita pastorale menata nel Panjâbî, il Sapta Sindhu vedico, e dove ci conducono le vecchie leggende religiose brâhmaniche conservate nelle raccolte sacerdotali dei Purana, e le tradizioni eroiche delle due grandi epopee, il Mahâbhârata e il Râmâyana, fu pure la culla del Buddhismo, e il luogo ove si svolsero i principali avvenimenti della primitiva storia buddhica. Questa parte dell’India era comunemente designata dai Buddhisti col nome di Madhyadeça; e comprendeva i regni di Mathurâ, Sâketa o Ayodhyâ, Koçala, Vârânasî, Kapila, Vâiçâlî, Magadha, Mithilâ, e Campâ:[1] cioè a dire


  1. Mathurâ, capitale dello Stato del medesimo nome, esiste ancora sulla riva occidentale del Yamunâ, oggi Gemna. Il nome le viene da una tribù d’aborigeni, i Mâthava o Madhu, i quali fondarono la città e lo Stato (V. St. Martin, Mémòire analytique, p. 95). — Koçala è la contrada che giace sulla riva orientale del Sarayâ, e forma parte della moderna provincia di Aude. A’ tempi del Buddha aveva per capitale Çrâvasti, sulla riva sinistra. del fiume Rapti. Questo paese non è da confondersi con il Koçala di Hsüan-tsang, il quale è nel Dekhan (Dakshina Koçala). Vâiçâlî, città famosissima negli annali buddhici, è stata identificata dal Cunningham coll’odierna Besarh, venti miglia al nord di Hajipûr. — Campâ, Campapuri o Campanagara, era nelle vicinanze di Bhagalapura. — Kapila, Vâiçâlî, Mithilâ, Magadha e Campâ non facevano parte veramente del Madhyadeça propriamente detto. — Il Magadha è la terra santa dei Buddhisti. Fino da’ primi tempi si coprì di un numero infinito di monumenti religiosi, e di conventi o Vihâra; la qual cosa valse al paese del Magadha il nome
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