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parte prima | 55 |
[[Categoria:Pagine che usano RigaIntestazione|Il Buddha, Confucio e Lao-Tse.djvu{{padleft:126|3|0]]penetra in ognuna delle varie esistenze che la trasmigrazione riserba all’anima, convinti della vanità, delle cose del mondo, non aspiravano che a sciogliersi dai legami della carne e liberarsi dalla necessità di rinascere. Componevano essi una comunità religiosa; vivevano nel celibato, mendicando la vita alla guisa de’ frati francescani; e si davano a meditare sulla condizione infelice d’ogni essere vivente, sulle passioni, sui desidèrii, su tutto quel che è creduto origine di quella infelicità, sulle idee fondamentali in somma della dottrina buddhica, fino ad avere in abominio ogni affetto mondano. Per tal modo giungevano i monaci a separarsi dalla universalità degli esseri; e alla loro morte speravano godere quella quiete e quella pace, che, non credendo possibile trovarla in qualsivoglia condizione dell’essere, essi cercavano nell’annichilazione di questo, cioè nel Nirvâna.[1]
In che consiste questa dottrina, che aveva la grande possanza di liberare l’uomo da qualsiasi modo di vita, dalla necessità di patire l’esistenza? e in che essa dottrina si distingue da quelle delle altre scuole filosofiche del tempo? — Lo studio delle scritture canoniche della religione buddhica ci dimostra chiaramente lo svolgimento e le variazioni, alle quali essa religione andò soggetta; e ci può ricondurre con sufficiente certezza alla dottrina dei tempi primitivi. Per questa via s’arriva a conoscere, che soltanto nelle Quattro verità debbesi cercare l’antico Buddhismo; e che esse sole, o ciò che si riferisce ad esse, di tutto quello che le leggende fanno dire ed operare al Buddha, hanno apparenza di autenticità.
Il compendio delle teorie di Gâutama e l’affermazione delle Quattro verità della fede buddhica si contengono