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74 parte prima

[[Categoria:Pagine che usano RigaIntestazione|Il Buddha, Confucio e Lao-Tse.djvu{{padleft:145|3|0]]un religioso. — Colui che desidera vestir l’abito sacro[1] senza essersi prima purificato dal peccato, e non pratica la temperanza e la virtù, è indegno dell’abito religioso. — Non è la tonsura che fa religioso un uomo disordinato e che dice falsità: può un uomo essere un religioso, e nello stesso tempo schiavo del desiderio e della passione?[2]

Considerata così l’opera del Buddha, secondo i tre punti capitali, che abbiam riferiti più sopra, si può concludere: 1.° Nella dottrina, l’opera di Çâkyamuni fu come uno svolgimento maggiore della dottrina de’ savii e dei filosofi brâhmani, a fronte dell’antica teologia, e delle credenze de’ preti brâhmani del tempo; e fu pure la proclamazione d’una morale sommamente pura e ripiena d’una carità veramente cristiana, che invano si cercherebbe tra’ preti e filosofi indiani di quell’età. 2.° In quanto

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  1. Letteralmente, il sacro abito di color giallo, ossia il Kâsâya o Kâshâya, l’abito distintivo dei preti buddhisti.
  2. Dhammapada, 141, 9, 264.
  3. Quando divenne il nome dei religiosi buddhisti, il linguaggio mutò, e Çramana fu pronunziato Samana. Ora v’è in Sanscrito un’altra radice, Çam, «calmare», che in Pali diviene medesimamente Sam e da questa radice Sam, «esser tranquillo», e non da Çram «esser affaticato», si trasse l’etimologia popolare di Çramana, «uomo con spirito quieto e tranquillo» (M. Müller, Dhammapada, p. cxxxii). La parola Çramana fu conosciuta dai Greci. I filosofi indiani, alcuni dei quali erano chiamati gimnosofisti, furono divisi da Magasthene in Brâhmani e Σαρμἄνατ (Magasthene, in Strabone, sez. 39). Le informazioni che lo stesso Magasthene ci ha trasmesse di questi filosofi, i quali non sono che i Çramana buddhisti, sembra le abbia prese dai loro avversarii brâhmani, poichè ne parla come di uomini di merito inferiore a questi ultimi. Dice poi che vivevano di riso e altri vegetali, che si astenevano da cibo animale, che vivevano con le elemosine che ricevevano dal popolo, e si mantenevano celibi (Magasth. in Strab.; India, sez. 59 e 60).
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