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parte prima 103

[[Categoria:Pagine che usano RigaIntestazione|Il Buddha, Confucio e Lao-Tse.djvu{{padleft:174|3|0]]tre dei principali personaggi buddhici, mostra, come osserva Wassiljew, che s’ebbe in animo di appagare la critica; e spinge più che altro a dubitare della veracità di questa tradizione: imperciocchè una compilazione vera delle dottrine di Çâkya, fatta in un tempo così vicino alla morte di lui, poteva far perdere di vista una tal necessità.[1]

Durante il regno di Kâlâçoka incominciarono alcuni dissensi tra le diverse comunità religiose: lo scisma ebbe principio in Vâiçâli. I monaci che abitavano il convento detto Mahâvana, (Mahâvana vihâra) e che si dice che fossero allora in numero di dieci mila, si messero a capo d’una riforma nella regola dell’ordine religioso, pretendendo che venissero aboliti certi precetti del Vinaya. Dieci erano gli obblighi, da cui essi monaci volevano essere esonerati. Volevano la permissione: 1.° di adoperare il sale od altri condimenti per le loro pietanze; 2.° di poter fare un altro pasto oltre all’unico, cui erano tenuti; 3.° di usar fuori del convento di ciò che in convento non era lecito; 4.° che certe cerimonie si facessero nelle loro rispettive celle, piuttosto che in chiesa; 5.° di poter far qualcosa senza il consenso dei superiori; 6.° che in uno sbaglio commesso si potesse trovare scusa sufficiente in altro simile commesso da un superiore; 7.° di far uso di latte a bere; 8° di usar anche bevande spiritose; 9.° di sedere sopra tappeti o stuoje, e non su la terra nuda; 10.° di poter ricevere in elemosina oro od argento.[2]


  1. Wassiljew, p. 37-38. — Questo primo concilio è descritto nel Mahâvança, cap. iii, p. 11.
  2. Si trovano alcune differenze circa questi 10 precetti proibitivi, che i monaci dovevano osservare; vedi Schiefner, Gesch. d. Bud. p. 288-289; — Lassen, ii, p. 92 nota 1; — Bigandet, p. 367-368; Mahâvança, loc. cit.
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