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282 parte seconda

[[Categoria:Pagine che usano RigaIntestazione|Il Buddha, Confucio e Lao-Tse.djvu{{padleft:357|3|0]]lenne dell’uomo più saggio e perfetto secondo l’ideale cinese (vale a dire di Shun) professato 2280 anni avanti l’èra nostra: cotanto presto, continua l’egregio sinologo e pio missionario, gli uomini si allontanarono dalla conoscenza del vero Dio; e aggiunsero al culto di lui quello delle lor proprie creazioni!».[1] Nel passo citato dello Shu-king, i sacrificii allo Shang-ti comprendevano anche quelli a tutti gli Spiriti celesti, che sono gli spiriti del Sole, della Luna, dei Pianeti e delle Stelle; poichè essi sono spesso messi al pari dello Shang-ti, nella specie di onoranza che si deve loro attribuire.[2] La distinzione più generale di questi esseri, nel culto dei quali consisteva tutta l’antica religione cinese, è quella di Genii, o Spiriti, superni e inferi, ossia celesti e terrestri: oppure, Spiriti del Cielo, Spiriti della Terra e Spiriti dei defunti.[3]

Le cerimonie del culto consistevano principalmente in sacrificii, offerti non in templi propriamente, ma in luoghi aperti dove erano uno o più altari; ne’ quali non si vedevano immagini di sorta, e dove si deponevano le vittime e i doni offerti ai Genii. Il luogo consacrato a cotali cerimonie era lontano dall’abitato, e fu perciò detto Kiao; con parola che significa quell’estensione di territorio, che sta al di fuori del recinto d’una città capitale, ovvero anche i confini o le frontiere d’un principato o d’una provincia. La voce Kiao però indica tanto il luogo sacro, o meglio l’altare pei sacrificii,[4] quanto il cerimoniale del sacrifìcio o il sacrificio stesso.[5] Esso era il più eletto e importante, perchè con siffatte cerimonie «si serviva in


  1. Legge, Chin. Clas., vol. v, parte i, p. 34 in nota.
  2. Li-ki, xxiv, Tsi-i.
  3. Shu-king, iv, iii, ii, 3 e 4; iv, v, (i), 2; v, i, (i), 6.
  4. Shu-king, v, xii, 5; — Shih-king, iii, iii, iv, 2.
  5. Shu-king, v, i, (iii), 2.
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