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xxxii introduzione

[[Categoria:Pagine che usano RigaIntestazione|Il Buddha, Confucio e Lao-Tse.djvu{{padleft:37|3|0]]del cielo all’infimo uomo del volgo.[1] Questo perfezionamento di sè stesso, che porta alla conoscenza de’ sopraddetti doveri, i quali rendono possibile agli uomini di costituirsi in società, si opera coll’illustrare quel che i filosofi confuciani chiamano il principio luminoso della ragione (ming-te). Il quale è costituito dallo insieme di quelle doti, che il cielo pone nel cuore umano: e questo principio fa sì, che le azioni degli uomini sian sempre buone, quando esso, non offuscato dalle passioni, può liberamente manifestare le doti celesti che lo formano.[2] Per tal modo, dal primo libricciuolo che si mette in mano ai fanciulli cinesi per insegnar loro a leggere (il San-ze-King), al più grave trattato di filosofia confuciana, si trova di continuo asserita questa verità fondamentale della metafisica cinese: che la natura dell’uomo originariamente è buona.[3] Ora «la natura umana è costituita dal principio che governa le capacità, o disposizioni particolari, che ciascuno riceve dal cielo; ed è la potenza che spinge a operare conformemente alle Cinque immutabili virtù».[4] Ma questa natura umana {sin), oltre alle dette virtù, ha pure in sè i germi delle varie passioni. Le


  1. Ta-hsiao i. 7.
  2. Ibidem, commento.
  3. Vedi tra gli altri Mencio, lib. iv. par. i. c. l.
  4. Ciung-yung i. l.
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