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18 parte prima

[[Categoria:Pagine che usano RigaIntestazione|Il Buddha, Confucio e Lao-Tse.djvu{{padleft:89|3|0]]rispondeva alle pretensioni del principe: si chiamava Gôpâ, la Signora della terra,[1] ed era figlia di Dandapâni, anch’esso della stirpe de’ Çâkya. Ma Dandapâni negò il suo consenso, dicendo che il giovanetto, avendo fino allora passata la vita nel palagio reale, tra l’ozio e la mollezza, non poteva essere che un effeminato e un dappoco; ed egli, invece, avere destinata la figliuola ad uomo istrutto, esperto nelle armi ed abile al governo. Siddhârtha allora volle mostrare che non aveva scorso invano gli anni della sua giovinezza, e che le ricchezze e i piaceri, di cui il padre lo aveva voluto circondare, non aveangli impedito di coltivare con frutto gli studi e l’arte militare. Cinquecento dei più valenti giovani dei Çâkya furono adunati in pubblico cimento; e dopo molte prove ed esercitazioni, il figlio di Cuddhôdana riuscì vincitore; ed apparì inarrivabile non solo nel maneggio d’ogni specie di arma, nella lotta e nella scherma, ma anche peritissimo nelle scienze e nelle lettere.[2] Il padre della bella e virtuosa Gôpâ convinto d’aver mal giudicato il giovane principe di Kapilavastu, dettegli di buon grado a sposa la sua figliuola.

Ora avvenne un giorno che Siddhârtha, mentre viveva tra le delizie della sua casa, desiderando di andare


  1. Questa è la traduzione del nome, almeno secondo i Tibetani, che la chiamano Sa-jo-mo, da sa, terra e jo-mo, signora. Aveva anche il nome di Yâçodharâ, col quale è sempre designata dai buddhisti del Sud: alcuni la dicono figlia di Suprabuddha.
  2. In un libro buddhico citato dal Beal, si trova: «Il principe, giunto al suo 15.° anno di età, sfidò in esercizi atletici tutti i componenti delle famiglie dei Çâkya. Tirò d’arco, e con una freccia perforò sette timballi d’oro, e con un’altra sette massi di ferro. Queste frecce, dopo aver trapassato i bersagli, diretti al sud-est, andarono a colpire la terra, dove allora sgorgarono due fontane di acqua». (Fah-hian, p. 86, n. 3).
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