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26 | parte prima |
[[Categoria:Pagine che usano RigaIntestazione|Il Buddha, Confucio e Lao-Tse.djvu{{padleft:97|3|0]]disse, se non quando avrò ottenuto la pura intelligenza, quando avrò vinto la morte e il dolore, quando avrò spezzata l’eterna catena della trasmigrazione, distrutto per sempre il fatale succedersi delle esistenze.[1]
Siddhârtha camminò tutta la notte in compagnia di un suo famigliare, che aveva condotto seco. Lasciata la terra dei suoi avi, traversò la città di Ménéya, e all’alba si trovò molto lungi dalla capitale del reame di Kapila. Allora discese da cavallo, e toltisi alcuni ornamenti preziosi, li diede al servo, lo congedò, e dissegli che portasse quelle cose ai parenti in memoria di lui. Quindi, cambiati i ricchi suoi abiti colle rozze vesti d’un povero viandante che incontrò a caso per via, e tagliatisi colla spada i lunghi capelli, seguì tutto solo l’intrapreso viaggio.[2]
Egli si diresse verso la città, di Vâiçâli,[3] per essere istruito nelle dottrine dei brâhmani, dei quali doveva poi diventare ardito oppositore. Era allora in quella città il brâhmano Arâta Kâlâma, reputato dottissimo, e che non aveva meno di trecento scolari. Siddhârtha entrò
- ↑ Lalitavistara. — Bigandet, p. 58.
- ↑ La tradizione pretende di conservare il nome del servo che accompagnava il principe, e anche il nome del cavallo. Il servo si chiamava Chandaka, e il cavallo Kanika o Kantakanam. I pellegrini buddhisti visitavano il luogo dove la leggenda dice che Çâkyamuni lasciasse il servo e il cavallo, per andarsene solo. (V. Beal, Fah-hian, p. 92 e Julien, Hiouen-thsang, ii, p. 330.)
- ↑ Vâiçâli era al nord del Gange, a poca distanza dalla riva sinistra o orientale del fiume Gandaki. Oggidì in vicinanza della antica città, che era la capitale d’un regno dello stesso nome, v’è una piccola città chiamata Bakhra e un villaggio attiguo detto Bassar. Basar, per Basal o Vasal, rammenta il nome dell’antica Vâiçâli (V. de S. Martin, Mémoire analytique sur la carte de l’Asie centrale et l’Inde, p. 114).