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110 LA PRIAPEA

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LXXXV.

Almanco, voi Poeti, poichè siete
  Ricchi di versi e di madrigaletti,
  Visitar mi dovreste con sonetti,
  4E con la robba che in bottega avete.
Stommi quì solo, come mi vedete,
  Privo di tutti i soliti diletti.
  Nè perch’io guardi, ed alla posta aspetti,
  8Posso un augello prender alle rete.
Voi Dio m’avete fatto in Ellesponto,
  E m’avete le vittime sacrate,
  11Ed or mostrate farne poco conto.
Nè credo che di me vi ricordiate
  Se mi vedete, o se con voi m’affronto,
  14Nè manco forse quando buggerate.


LXXXVI.

Poichè i Poeti vengono a squadrone
  Nel mio giardin, con tanta carestía
  D’un’oda e d’una ciancia d’elegía,
  4Nè degnerien di darmene un boccone.
Io prego Dio, che vadano in sajone [1]
  Finchè son vivi, e nudi in ogni via,
  Ed in far rime e versi ciascun sia
  8Da manco di Prè Biagio, e di Sperone.
Abbiano ed essi e i lor, di mano in mano,
  Il mal francioso come il Dragonzino,
  11E poi le gotte come il Bevazzano.
Sieno più becchi che non è Crispino,
  Al doppio più furfanti del Fogliano, [2]
  14E più bardasse di Pietro Aretino.

  1. Aumentativo di sajo.
  2. Autori cogniti che vivevano nel XVI. secolo.
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