< Pagina:La secchia rapita.djvu
Questa pagina è stata trascritta, formattata e riletta.

PRIMO 11

[[Categoria:Pagine che usano RigaIntestazione|La secchia rapita.djvu{{padleft:24|3|0]]


XXXIX.


Poichè mirò de’ capitani suoi
  L’un fatto prigionier, l’altro ferito
  La progenie antichissima de’ Boi,16
  316E si vide ridotta a mal partito;
  Que’ valorosi che facean gli eroi,
  Senza aspettar chi lor facesse invito,
  Chi a cavallo, chi a piè per la campagna
  320Si diedono a menar delle calcagna.

XL.


Ma ratto fu con una ronca in mano
  Il Potta lor, come un demonio, addosso;
  E tanti ne mandò distesi al piano,
  324Che ne fu il ciel della pietà commosso.
  Quel fiume crebbe sì di sangue umano,
  Che più giorni durò tiepido e rosso:
  E dove prima il Fiumicel chiamato,
  328Fu dappoi sempre il Tepido nomato.

XLI.


Tutto quel dì, tutta la notte intiera
  I miseri Petroni ebber la caccia.
  Ne coperse ogni strada, ogni riviera
  332Manfredi Pio,17 che ne seguì la traccia.
  Con trecento cavalli alla leggiera,
  Con tanto ardire il giovane li caccia,
  Che sul primo sparir dell’aria scura
  336Si trovò giunto alle nemiche mura.

XLII.


La porta San Felice aperta in fretta
  Fu a’ cittadini suoi, ch’erano esclusi;
  Ma tanta fu la calca in quella stretta,
  340Che i vincitori e i vinti entrar confusi.
  Quei di Manfredi, un tiro di saetta
  Corser la terra; e vi restavan chiusi,
  S’ei dalla porta, ove fermato s’era,
  344Non li chiamava tosto alla bandiera.

    Questa voce è stata pubblicata da Wikisource. Il testo è rilasciato in base alla licenza Creative Commons Attribuzione-Condividi allo stesso modo. Potrebbero essere applicate clausole aggiuntive per i file multimediali.