< Pagina:La secchia rapita.djvu
Questa pagina è stata trascritta, formattata e riletta.

SECONDO 25

[[Categoria:Pagine che usano RigaIntestazione|La secchia rapita.djvu{{padleft:38|3|0]]


XXVII.


Ma scrisse a Federico in Alemagna,
  Quant’era occorso; e di suo aiuto il chiese.
  La milizia del pian, della montagna
  220A preparar segretamente attese;
  Fe’ lega per un anno alla campagna
  Col popol parmigian, col cremonese;
  Scrisse nella città fanti e cavalli:
  224Indi tutta si diede a feste e balli.

XXVIII.


La Fama intanto al ciel battendo l’ali,
  Con gli avvisi d’Italia arrivò in corte;
  Ed al re Giove fe’ sapere i mali
  228Che d’una Secchia era per trar la sorte.
  Giove che molto amico era ai mortali,
  E d’ogni danno lor si dolea forte;
  Fe’ sonar le campane del suo impero,
  232E a consiglio chiamar gli Dei d’Omero.

XXIX.


Dalle stalle del ciel subito fuori
  I cocchi uscir sovra rotanti stelle,
  E i muli da lettiga, e i corridori
  236Con ricche briglie e ricamate selle.
  Più di cento livree di servidori
  Si videro apparir pompose e belle,
  Che con leggiadra mostra e con decoro
  240Seguivano i padroni a concistoro.

XXX.


Ma innanzi a tutti il Principe di Delo
  Sopra d’una carrozza da campagna
  Venía correndo e calpestando il cielo
  244Con sei ginnetti4 a scorza di castagna.
  Rosso il manto, e ’l cappel di terziopelo,5
  E al collo avea il toson del re di Spagna:
  E ventiquattro vaghe donzellette
  248Correndo gli tenean dietro in scarpette.

    Questa voce è stata pubblicata da Wikisource. Il testo è rilasciato in base alla licenza Creative Commons Attribuzione-Condividi allo stesso modo. Potrebbero essere applicate clausole aggiuntive per i file multimediali.