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86 CANTO

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XLVII.


Bella della mia donna e ricca spoglia
  Che donata da lei meco ten vieni,
  Acciocchè dal suo amor non mi discioglia,
  380E mi leghi in più nodi e m’incateni;
  Tu sarai refrigerio a la mia doglia;
  Tu sarai nuovo pegno a le mie speni.
  La bacia e la ribacia in questi accenti,
  384E va seco sfogando i suoi tormenti.

XLVIII.16


Passa il giovine amante; e dopo lui
  La gente di Faenza arriva e passa.
  Tutti son cavalier, fuora che dui
  388Staffieri a piè del capitan Fracassa.
  Del buon sangue Manfredo era costui;
  Onor di quell’età cadente e bassa.
  Secento ha seco; e cento, i più garbati,
  392Di maiolica17 fina erano armati.

XLIX.


Indi Cesena vien sotto l’impero
  Di Mainardo d’Ircon da Susinana,18
  Che s’è fatto signor, di condottiero,
  396Di gente disperata, empia e scherana
  Ottocento pedoni ha seco il fero,
  Usati a vita faticosa e strana.
  Non ha cavallerìa, ma i fanti sui
  400Vagliono più ch’i cavalieri altrui.

L.


La nona squadra fu degl’Imolesi
  Che da Pietro Pagani eran condotti,
  Mille e cento tra fanti e banderesi,
  404Saccomanni, briganti e stradíotti.19
  Dopo questi venieno i Forlivesi,
  Dagli Ordelaffi in servitù ridotti;
  Scarpetta di condurgli ebbe l’onore,
  408Che degli altri fratelli era il maggiore.

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