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di antonio rocco. | 741 |
[[Categoria:Pagine che usano RigaIntestazione|Le opere di Galileo Galilei VII.djvu{{padleft:749|3|0]] quei minimi atomi della sottilissima arena che intorbida l’acqua, e che non calano[ 1] se non in molte ore quello spazio che un sassetto quanto una noce passa in una battuta di polso.
Qui mi par, Sig. Rocco, vedervi insurgere contro a tutto il mio passato discorso, e sogghignando far[ 2] gran meraviglia come io mi sia preso ardire di fare un supposto tanto repugnante al senso ed alla ragione e non meno alla dottrina d’Aristotile, mentre pare che io supponga come proposizione assolutamente vera che tutti i mobili, di qualsivoglia materia grandezza e figura, rimossi gl’impedimenti del mezzo materiale, dovessero moversi con gli stessi gradi di velocità, accennando io in certo[ 3] modo che tale effetto seguirebbe nel vacuo, dove pare che il medesimo Aristotile, fondato parimente sulla resistenza del mezzo, demostri che il moto doverebbe essere[ 4] o istantaneo o più tosto nullo. Io vi confesso che inclino al primo supposto, e vi produrrò i miei motivi doppo che vi arò mostrato la fallacia d’Aristotile nel voler distruggere il moto nel vacuo. Consiste[ 5] l’inganno suo nell’assunto che ei fa, supponendo che il medesimo corpo mobile discenda per diversi mezzi con velocità proporzionali[ 6] alle sottilità e cedenze[ 7] di essi mezzi; sì che sendo, v. g., la sottilità dell’aria 10 volte[ 8]
più cedente, o men resistente, della corpulenza e crassizie dell’acqua, quel mobile che scendesse con 20 gradi di velocità per l’aria, nell’acqua scenderebbe con due solamente: e perchè la sottilità del vacuo, come infinita e nulla resistente, supera d’infinito intervallo quella dell’aria o di qualsivoglia spazio pieno, però la velocità nel vacuo sarebbe infinita, cioè il moto istantaneo[ 9], cioè finalmente nullo, repugnando il darsi il moto[ 10] in instanti[ 11]. Tale è il progresso d’Aristotile, fabricato sopra falso fondamento, perchè falso è che un medesimo mobile ritenga in diversi mezzi le sue velocità proporzionali alle crassizie e sottilità di essi mezzi; perchè, se ciò fusse vero, tutte le materie che scendessero in un mezzo, doverebbono scendere in tutti, atteso che non ci è proporzione alcuna tra le corpulenze di due mezzi, che qualsivoglia grado di velocità non l’abbia a qualche altro; e però quello che scende in un mezzo, scenderebbe in tutti. Mi dichiaro per il Sig. Rocco. Sia l’acqua 10 volte più crassa e resistente dell’aria, e scenda una palla d’abete