< Pagina:Le rime di M. Francesco Petrarca I.djvu
Questa pagina è stata trascritta, formattata e riletta.
xx V I T A

[[Categoria:Pagine che usano RigaIntestazione|Le rime di M. Francesco Petrarca I.djvu{{padleft:19|3|0]]detto Selva Piana sopra il fiume Lenza, tornò all’opera della sua Africa, ed agli altri studj.

Qui non voglio tacere una cosa assai notabile, ch’egli scrive[1] essergli in questa dimora avvenuto, e ciò fu, ch’essendo, nel tempo ch’egli prese la corona a Roma, il Vescovo Colonna suo carissimo Signore andato alla visita della sua Chiesa Lomberiense in Guascogna, ivi se ne morì; ed in quel tempo appunto appunto che ’l Petrarca era ito a Parma; e dice che in quella notte medesima lo vide in sogno venire a se solo, ed in fretta, e domandatolo ove andava, e perchè così solo, rispose ridendo: Son partito di Guascogna, e vado a Roma; e dicendogli il Petrarca di volergli far compagnia, disse mezzo turbato: Va, che non ti voglio ora per compagno. Al qual’atto, scrive che si avvide ch’era morto; ed ebbe tanto dolore, che si svegliò, e di lì a 25. giorni sopraggiunse l’avviso della morte; e fatto il conto del tempo, trovò ch’era stato quel giorno medesimo che gli apparve: cosa certo notabile; e dopo alcuni mesi fu trovato tra le scritture del Vescovo[2], e mandato al Petrarca un Sonetto, il quale gli scriveva, allegrandosi della sua coronazione in Roma; e ne fece particolar ricordo, e rispose a lui così morto com’era, e tutt due sono stampati.

Mentre Petrarca in Lombardia dimorava[3] passò Carlo Imperatore in Italia, e giunto a Mantova lo mandò a chiamare da Milano, ove era a quel tempo, e fecegli grandissima accoglienza.

Di

  1. Nelle fam. Ep. 74.
  2. Ivi, Ep. 61.
  3. Ep. 43. dopo le sen.
Questa voce è stata pubblicata da Wikisource. Il testo è rilasciato in base alla licenza Creative Commons Attribuzione-Condividi allo stesso modo. Potrebbero essere applicate clausole aggiuntive per i file multimediali.