< Pagina:Le rime di M. Francesco Petrarca I.djvu
Questa pagina è stata trascritta e formattata, ma deve essere riletta.
312 DEL TRIONFO

[[Categoria:Pagine che usano RigaIntestazione|Le rime di M. Francesco Petrarca I.djvu{{padleft:395|3|0]]

E vidi duo che si partir iersera
  Di questa nostra etate e del paese;
  Costor chiudean quella onorata schiera:
Il buon re cicilian che ’n alto intese
  E lunge vide e fu veramente Argo;
  Da l’altra parte il mio gran Colonnese,
Magnanimo, gentil, constante e largo.
 


DEL TRIONFO


DELLA FAMA


CAPITOLO TERZO.

Io non sapea da tal vista levarme,
  Quand’io udi’: - Pon mente a l’altro lato
  Ché s’acquista ben pregio altro che d’arme. -
Volsimi da man manca, e vidi Plato
  Che ’n quella schiera andò più presso al segno
  Al qual aggiunge cui dal Cielo è dato,
Aristotele poi, pien d’alto ingegno,
  Pitagora che primo umilemente
  Filosofia chiamò per nome degno,
Socrate e Senofonte, e quello ardente
  Vecchio a cui fur le Muse tanto amiche
  Ch’Argo e Micena e Troia se ne sente;
Questo cantò gli errori e le fatiche
  Del figliuol di Laerte e d’una diva,
  Primo pintor delle memorie antiche.
A man a man con lui cantando giva
  il Mantovan che di par seco giostra,
  Ed un al cui passar l’erba fioriva:
Questo è quel Marco Tullio in cui si mostra
  Chiaro quanti eloquenzia ha frutti e fiori;
  Questi son gli occhi de la lingua nostra.

    Questa voce è stata pubblicata da Wikisource. Il testo è rilasciato in base alla licenza Creative Commons Attribuzione-Condividi allo stesso modo. Potrebbero essere applicate clausole aggiuntive per i file multimediali.