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[[Categoria:Pagine che usano RigaIntestazione|Leonardo prosatore.djvu{{padleft:100|3|0]] loro acque, la fertile terra non manderà più leggere fronde, non fieno più i campi adornati dalle ricascanti piante: tutti li animali, non trovando da pascere le fresche erbe, morranno, e mancherà il cibo ai rapaci lioni e lupi e altri animali che vivono di ratto; e agli omini, dopo molti ripari, converrà mancare la vita, e mancherà la generazione umana.

A questo modo la fertile e fruttuosa terra, abbandonata, rimarrà arida e sterile; e pel rinchiuso omore dell’acqua (rinchiusa nel suo ventre) e per la vivace natura, osserverà alquanto del suo accrescimento, tanto che, passata la fredda e sottile aria, sia costretta a terminare collo elemento del foco: allora la sua superficie rimarrà in riarsa cenere, e questo fia il termine della terrestre natura[1].



  1. I concetti espressi qui dal Vinci sono ancora in gran parte accettabili ed accettati. È noto il concetto che paragona la terra a una sfera metallica idratata e ossidata alla superficie. Quanto più procederà l’idratazione e l’ossidazione, tanto meno acqua ci sarà nei mari, sui continenti e nell’aria, e tanto meno ossigeno ci sarà nell’atmosfera, e l’estensione dei continenti andrà sempre più aumentando; in altri termini il nostro pianeta si avvierà verso la fase marziana. L’errata credenza nella sfera del fuoco l’induce poi a immaginare che, consumata l’aria, la terra sarà riarsa e ridotta in cenere.
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