< Pagina:Leonardo prosatore.djvu
Questa pagina è stata trascritta e formattata, ma deve essere riletta.

153

[[Categoria:Pagine che usano RigaIntestazione|Leonardo prosatore.djvu{{padleft:157|3|0]] [non] pigliavano per altere altro che la natura, maestra de’ maestri, s’affaticavano invano.

Così voglio dire di queste cose matematiche[1], che quegli, che solamente studiano gli alteri e non l'opre di natura, son per arte nipoti, non figlioli d’essa natura, maestra de’ boni alteri. Odi somma stoltizia di quelli i quali biasimano coloro che ’mparano da la natura, lasciando stare gli alteri, discepoli d’essa natura![2]

Imitazione.

L’imitazione delle cose antiche è più laldabile che le moderne.

Composizione d’un animale fantastico

mediante particolari naturalistici.

Tu sai non potersi fare alcune animale il qual non abbi le sua membra ciascuna per sè a similitudine con qualcuno de li altri animali. Adunque se voli fare parere naturale une animale finto da te (diciamo che sia uno serpente), piglia per la testa una di mastino e bracco, e per li occhi di gatta, e

  1. Che han fondamento scientifico.
  2. Cfr. L. B. Alberti, Trattato della Pittura, L. III, cap. IV e VI sulla necessità di non ritrarre da altri pittori e neppur di creare di propria mente, ma di prendere a modello la Natura.
Questa voce è stata pubblicata da Wikisource. Il testo è rilasciato in base alla licenza Creative Commons Attribuzione-Condividi allo stesso modo. Potrebbero essere applicate clausole aggiuntive per i file multimediali.