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Io ho veduto universalmente a tutti quelli che fan professione di ritrarre volti al naturale, che quel che fa più somigliante è più tristo componitore di storie, che nessun altro pittore[1]. E questo nasce perchè quel che fa meglio una cosa gli è manifesto che la natura l’ha più disposto a quella tal cosa ch’a un’altra, e per questo ei ha avuto più amore, e ’l maggior amore l’ha fatto più diligente, e tutto l’amore ch’è posto a una parte manc’al tutto, perchè s’è unito tutto il suo diletto in quella cosa sola, abandonando l’universale pel particulare. Essendo la potenzia di tale ingegno ridotta in poco spazio, non ha potenzia nella dilatazione, e fa questo ingegno a similitudine dello spechio concavo, il quale, pigliando li razzi del sole, quando reflette essa quantità di razzi in maggiore somma di dilatazione, ei li refletterà con più tepida caldezza, e quando esso li reflette tutti in minore loco, allora tali razzi so’ d’immensa caldezza, ma adopra[2] in poco loco. Tal fanno questi tali pittori, non amando altra parte della pittura ch’el sol viso de l’omo, e peggio è che no cognoscono altra parte ne l’arte di che essi facino stima, o ch’abbino giudizio, e le sue cose essendo sanza movimento, per essere ancora loro pigri e di poco moto, biasimano quella cosa ch’ha i movimenti maggiori e più pronti